Parliamo di cose serie…

Diamo un’occhiata qua e là agli elaborati, tanto per condividere qualche riflessione utile a tutti. A proposito dei valori notizia:

«Quelli che trovo più interessanti – scrive Federica – (…) penso siano (…) la
comunicabilità, cioè la scrittura deve essere comprensibile e semplice».

In realtà ciò che deve essere semplice, perché un determinato fatto abbia buone probabilità di diventare una notizia, è la struttura della storia. Il linguaggio, certo, deve essere comprensibile al maggior numero di persone possibile ma il contenuto della narrazione è più facilmente notiziabile se risponde innanzitutto ad uno schema semplice. Anche per questo è utile la semiotica semionarrativa: ci aiuta ad individuare l’ossatura dell’informazione, la struttura narrativa profondo che la sostiene, prima della sua manifestazione discorsiva. Ci aiuta ad introiettare un’ecologia della narrazione giornalistica.

Ancora su questo tema, Daniela:

«Di solito le cattive notizie sono più interessanti delle belle e si dice che
ogni notizia è una cattiva notizia. Questo però non riguarda il giornalismo
ambientale che deve essere educativo».

Mi sembra una riflessione interessante: la funzione del giornalismo ambientale, per come mi piace concepirlo, è innanzitutto quella di promuovere comportamenti virtuosi. Questa finalità legittima la narrazione del conflitto, come abbiamo visto in questi giorni a Serre con la protesta popolare intorno alla discarica su cui stava lavorando Toni Mira, l’inviato dell’Avvenire, quando gli abbiamo telefonato. E giustifica anche la divulgazione scientifica sui temi e i problemi ambientali, come l’effetto serra, che sono diventati di grande attualità negli ultimi mesi. Ma penso che la finalità del giornalismo ambientale sia in primo luogo quella di educare i cittadini, motivare verso nuovi stili di vita, prevenire l’emergenza. E’ un giornalismo intenzionale, finalizzato al cambiamento sociale. Come si fa? Magari raccontando storie esemplari, buone pratiche, tendenze sociali che vanno nella direzione della sostenibilità. È più difficile, proprio perché, come ricordava Daniela, una notizia è innanzitutto una cattiva notizia… ma è un interessante terreno di ricerca per chi lavora in questo campo. Per fare bene il giornalismo ambientale (e non la semplice cronaca ambientalista) bisogna rivedere i criteri di notiziabilità e saper rendere interessanti agli occhi dei lettori anche le storie in positivo.

In diversi compiti poi (per esempio in quello di Rosanna) si fa confusione tra organizzazione plastica della pagina e modelli di impaginazione. Attraverso la prima, determinata dai tre livelli di cui abbiamo parlato (eidetico, topologico e cromatico), si definisce il ritmo della pagina e in senso più ampio l’identità dell’individuo semiotico (il giornale). I secondi invece sono degli schemi di impaginazione che ricorrono, per grandi linee e con molte variabili, nei giornali: a libro, a stella e a schermo. In qualche modo nell’organizzazione plastica si proietta il simulacro dell’enunciatore assumendo, a seconda del ritmo, un certo effetto di senso. I modelli di impaginazione invece sono delle ricorrenze tecniche che organizzano, a livello superficiale, giorno dopo giorno il discorso dell’enunciatore (il giornale stesso). Non è chiaro? Clicca qui e scrivi al prof.

Una considerazione, infine, circa gli attacchi (quelli che ho letto fin qui): a prescindere dal modello che si utilizzi (uno dei sette che abbiamo esemplificato) bisogna descrivere entro le prime righe dell’articolo il senso della storia e circostanziare la notizia attraverso la griglia delle mitiche cinque W (che tradotte in italiano stanno per chi, cosa, dove, quando e perché). Perciò, componendo l’attacco, bisogna fare lo sforzo di centrare il focus della notizia (vale a dire il punto di vista dal quale la osserviamo) e narrarlo, con completezza, nel giro di pochissimi periodi brevi, possibilmente con un ritmo brillante. Più oltre poi si riprende a narrare la storia due, tre, quattro volte… arricchendo ad ogni ciclo narrativo l’articolo di elementi, testimonianze, informazioni collaterali… fino alla chiusa. A volte ho visto che li componete in maniera fin troppo sintetica, impedendo a chi legge di comprendere fino in fondo di che cosa si sta parlando, a volte attraverso dei periodi troppo estesi… Comunque (quasi) tutti i compiti stanno andando bene, alcuni anche molto bene, con considerazioni personali molto interessanti. In ogni caso voglio chiarire che tutti, anche quanti non dovessero superare la prova intermedia, potranno affrontare quella finale. Beh, ora torno a leggere (sto a due terzi del primo giro)…

2 commenti su “Parliamo di cose serie…

  1. salve prof,
    ripensavo alla prova intermedia…
    temo di essere tra quelli che hanno avuto qualche problema con l’attacco e forse con la civiltà orale che riemerge nella scrittura giornalistica della tarda modernità…distrazione! starò più attenta…e penso che la presenza a lezione sia molto importante, quindi..ci sarò sempre d’ora in poi. Che dire…aspetto (aspettiamo) i risultati della prova e magari qualche altro collegamento telefonico (che personalmente ho trovato molto interessante).
    ah! il blog è un’ottima idea ma… quel “GRAZIE ROMA” era proprio necessario??!!
    blasQ.

  2. Salve, saper gestire l’attacco di un articolo in effetti è fondamentale, la scrittura giornalistica (come nota anche il linguista Maurizio Dardano) si esprime soprattutto in quella parte del testo. Provi a leggere come fanno gli altri giornalisti, leggendo con attenzione soprattutto gli inizi degli articoli. Invece su quel grazie Roma… beh, serviva solo per dimostrarvi che nel blog possiamo pubblicare anche delle immagini (eheheh). Ci vediamo in facoltà!

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