Il palazzo di Corviale, come molti sanno, è un monumento architettonico dalla storia controversa, una stecca di cemento nella campagna romana, poco lontano dalla via Portuense, che ospita circa 700 famiglie. È l’arcinoto palazzo lungo un chilometro, un alveare concepito negli anni ’70 da Mario Fiorentini che avrebbe dovuto arginare, almeno sotto il profilo simbolico, l’espansione edilizia nell’agro.
Le problematiche ambientali e sociali di questo condominio, che potremmo definire un vero e proprio quartiere compatto, sono molteplici come accade nelle soluzioni residenziali con caratteristiche simili (e gli esempi, non solo in Italia, potrebbero essere molti…). Però è anche vero che quella di Corviale è una comunità umana interessante e variegata, che produce saperi e guarda con un atteggiamento dinamico, costruttivo e resiliente al proprio futuro. In questo articolo Pino Galeota, presidente dell’associazione “Corviale domani”, spiega i contenuti del “Forum Corviale” che si è chiuso ieri negli spazi dell’XI Municipio, proprio all’ombra del cosiddetto “Serpentone”. Anche io ho partecipato coordinando il “cantiere” sullo sviluppo intelligente e sostenibile insieme a Mauro Martini, giornalista ed esponente dell’associazione che ha organizzato l’iniziativa: durante i prossimi mesi, sulla scorta di quanto emerso, si elaboreranno delle linee guida per un concorso internazionale di riqualificazione del Corviale.
La chiave di lettura su cui abbiamo ragionato tiene insieme gli aspetti ambientali (nel segno dell’efficienza energetica e della vivibilità) e quelli occupazionali con l’obiettivo di favorire nuovi processi d’identificazione, radicamento e in qualche maniera anche orgoglio da parte degli abitanti. La proposta che ne consegue mi sembra importante per tutta la città: guardare da Corviale allo scenario dei green job che derivano dalla valorizzazione dello straordinario patrimonio agricolo e naturalistico del circondario. Ma anche al settore manifatturiero di nuova generazione, alle forme di artigianato che propone il movimento dei makers (al quale dedichiamo, per inciso, la copertina della Nuova Ecologia di dicembre) fra creatività, tecnologie digitali, senso della condivisione.
La mattina dopo molti di questi temi sono riemersi durante l’open talk su #romasmartcity che abbiamo organizzato, come “Stati generali dell’innovazione”, presso la Città dell’altra economia, sotto il Monte dei Cocci (a breve il nostro Storify, comprensivo d’immagini dal walk show di Carlo Infante) confrontandoci su modernizzazione, conflitto locale e bisogni di legalità, modelli di governance. La società civile elabora, immagina, sperimenta. C’è da sperare che le istituzioni sappiano mescolarsi con questi processi, senza acquisirli tout court ma partecipando alla conversazione perché è attraverso l’osmosi fra attivismo civico e organi di rappresentanza che la politica oggi può ritrovare credibilità.